
È possibile assumere in modo semplice un lavoratore straniero residente all’estero?
Per poter assumere uno straniero residente all’estero, un’offerta di lavoro non basta
Molti datori di lavoro si sorprendono quando scoprono che la loro disponibilità ad offrire un contratto di lavoro ad uno straniero residente all’estero non è sufficiente ad avviare un procedimento che si concluda con l’assunzione del lavoratore straniero.
Il diritto dell’immigrazione italiano così come quello della maggior parte dei Paesi che accolgono un alto numero di stranieri è molto restrittivo: l’esistenza di un’offerta di lavoro è solo una delle condizioni necessarie per poter ottenere un visto di ingresso per lavoro.
Per chi vale questo principio
Il principio appena indicato (cioè l’insufficienza di un’offerta di lavoro per procedere all’assunzione) non vale per tutti gli stranieri.
Se un datore di lavoro vuole assumere un cittadino di uno dei 27 Paesi dell’Unione europea oppure un cittadino svizzero, del Liechtenstein, della Norvegia o dell’Islanda, può procedere all’assunzione come se si trattasse di assumere un italiano.
Sarà infatti sufficiente che il cittadino straniero chieda all’Agenzia delle Entrate un codice fiscale e l’assunzione potrà effettuarsi utilizzando quale documento il passaporto o la carta di identità emessa dal Paese di cittadinanza.
Lo straniero verrà in questo caso trattato come un cittadino italiano.
Se non basta un’offerta di lavoro, cos’altro serve?
Per gli stranieri che abbiano una cittadinanza diversa da quelle privilegiate sopra indicate, la legge sull’immigrazione ha sempre previsto dei requisiti aggiuntivi rispetto alla condizione di avere un’opportunità di lavoro.
A ) Il sistema del cd. decreto flussi: oltre all’offerta di lavoro, per poter avere un visto, si deve vincere la lotteria delle quote.
Per molti anni, la via principale di ingresso per lavoro è stata quella del cd. “decreto flussi”.
Con l’emissione di tale provvedimento, il Governo indica il numero massimo di cittadini stranieri ammessi a fare ingresso per lavoro in Italia in un determinato anno, fissando anche il giorno e l’ora a partire dai quali i datori di lavoro possono “contendersi” le quote a disposizione.
In base a questo sistema, tutti i datori di lavoro interessati ad assumere uno straniero – o i loro delegati – dovranno inviare con la massima rapidità possibile la domanda di autorizzazione (chiamata “nulla osta”) online a partire dal giorno e dall’ora previste, sperando che la loro domanda giunga nei terminali del Ministero dell’Interno più rapidamente delle altre.
Il fattore “tempo” in tale sistema è infatti determinante, dal momento che le domande vengono accettate secondo l’ordine cronologico di presentazione, con la conseguenza che non solo un invio di qualche ora tardivo rispetto al momento di apertura della gara impedisce l’accoglimento della domanda, ma che il datore di lavoro che abbia necessità di assumere un lavoratore straniero in un diverso momento dell’anno dovrà attendere il futuro decreto flussi.
E questa attesa potrebbe anche essere superiore all’anno: ad esempio, a partire dal 2012, nessun decreto flussi è stato adottato per numerosi anni, ritenendosi che nel territorio italiano già si trovassero abbastanza potenziali lavoratori, tra cittadini italiani, europei e stranieri titolari del diritto al soggiorno.
Va precisato poi che se fino al decennio scorso, qualsiasi datore di lavoro, indipendentemente dal settore di attività, poteva presentare una domanda di nulla osta, nel tempo il sistema del decreto flussi è diventato più selettivo.
Negli ultimi anni, infatti, solo i datori di lavoro di alcuni settori (ad esempio, per il triennio 2023-2025, solo i datori di lavoro appartenenti ai settori “autotrasporto merci e passeggeri, edilizia, turistico-alberghiero, meccanica, telecomunicazioni, alimentare, cantieristica navale, pesca, acconciatori, elettricisti, idraulici”, oltre che a quello della “assistenza familiare e socio sanitaria”) hanno potuto (e potranno) presentare domanda per ottenere l’autorizzazione ad assumere un lavoratore straniero nell’ambito dei flussi per lavoro subordinato non stagionale.
Una restrizione dell’ambito di applicazione vale di regola anche per i lavoratori: sempre in relazione al triennio 2023-2025, solo i cittadini di alcune nazionalità (in particolare, i cittadini di quei Paesi che hanno sottoscritto con l’Italia “accordi o intese di cooperazione in materia migratoria”) hanno potuto e potranno essere selezionati (fa eccezione il settore del lavoro domestico dove non sono state previste restrizioni sulla base della nazionalità). Se ad esempio un datore di lavoro del settore turistico intenda offrire lavoro ad un cittadino argentino, non potrà farlo con il decreto flussi, perché quella argentina non rientra tra le cittadinanze indicate come rilevanti: conseguentemente, milioni di stranieri sono di fatto esclusi da questo sistema, sulla base della loro cittadinanza.
Va ancora precisato che il datore di lavoro, per poter ottenere il nulla osta, deve dimostrare una certa capacità economica e mettere a disposizione del lavoratore un alloggio con determinate caratteristiche.
Una rilevante criticità del sistema è quella della durata del procedimento amministrativo per l’ottenimento dapprima del nulla osta e poi del visto: nella prassi, l’ingresso in Italia del lavoratore avviene sempre a molti mesi di distanza dalla domanda di autorizzazione all’ingresso, così scoraggiando i datori di lavoro che abbiano urgente necessità di un supporto per la loro attività.
Vi è poi da considerare un’altra fondata critica al sistema: il meccanismo del decreto flussi parte dal presupposto che il datore di lavoro già conosca il cittadino straniero residente all’estero che intende assumere. Ma spesso non è così: molti datori di lavoro avrebbero bisogno di lavoratori con determinate competenze che non trovano nel mercato del lavoro italiano, ma non hanno già un nome e cognome di un cittadino straniero da indicare nella richiesta di nulla osta.
I datori di lavoro che si trovino nella necessità di coprire dei posti di lavoro senza conoscere alcun lavoratore straniero non hanno dunque la possibilità di trovare una soluzione alla loro esigenza tramite questo sistema di ingresso per lavoro.
Com’è evidente dalle considerazioni che precedono, il sistema appena descritto – che è quello “ordinario” previsto nel nostro ordinamento per l’ingresso degli stranieri per motivi di lavoro – risulta particolarmente complesso e lontano dalle esigenze delle imprese.
B ) Il sistema parallelo per i lavoratori stranieri specializzati o distaccati. L’importanza – fino ad oggi – di un titolo universitario.
Alla luce delle problematiche sopra evidenziate, non sorprende che, nella pratica applicazione, molti datori di lavoro italiani siano riusciti a procedere all’assunzione del lavoratore straniero cui erano interessati soltanto perché, a fianco del modello ordinario sopra descritto, si è venuto sviluppando un sistema parallelo riservato ai lavoratori stranieri che presentino determinate caratteristiche.
Volendo sintetizzare al massimo, tale sistema parallelo ai flussi è utilizzabile quando si voglia assumere un lavoratore che:
appartenga a determinati settori (es. sportivo, universitario, della salute, musicale o artistico, etc.);
ovverosia già dipendente all’estero di un’altra entità del gruppo di cui fa parte il datore di lavoro;
ovverosia altamente specializzato.
Non potendo entrare in approfondimenti, ci si limiterà qui a prendere in considerazione l’ultima ipotesi: quella del lavoratore altamente specializzato.
Il datore di lavoro che voglia assumere ad esempio un ingegnere indiano, un informatico giapponese o un esperto nella creazione di prodotti farmaceutici o della moda messicano fino ad oggi doveva rivolgere una sola domanda a tale lavoratore: hai una laurea o comunque un titolo universitario almeno triennale?
Se la risposta a tale domanda era positiva, questo datore di lavoro poteva essere certo che, se formalizzava un’offerta di lavoro di un anno che prevedesse una retribuzione pari almeno a circa 26.000 euro lordi e dava la garanzia della disponibilità di un alloggio idoneo, la domanda di nulla osta (e poi di visto) sarebbe stata senz’altro accolta.
È attraverso questo procedimento – che ha origine “europea”, fondandosi sulla direttiva “carta blu” adottata nel 2009 per rendere l’Unione europea più competitiva nell’attrarre talenti – che la maggior parte dei lavoratori stranieri specializzati hanno potuto fare ingresso in Italia negli ultimi anni.
Va precisato che questo sistema presentava due limiti.
In primo luogo, anche in questo caso, il procedimento amministrativo spesso si protraeva per tempi eccessivamente lunghi.
In secondo luogo, la via della “carta blu” non poteva essere utilizzata dai datori di lavoro che fossero interessati a lavoratori altamente specializzati che tuttavia non avessero un titolo universitario: le competenze acquisite sul campo e l’esperienza di lavoro maturata magari in decenni non erano sufficienti a qualificare un lavoratore come altamente qualificato ai fini dell’ottenimento di un visto di lavoro in esenzione dalle quote.
Le novità del 2023 e del 2024
Così tracciate in modo approssimativo le linee che contraddistinguono il sistema degli ingressi per lavoro in Italia, può osservarsi che negli ultimi due anni, il legislatore italiano ha cercato di correggere alcune delle criticità che si sono sopra indicate.
Le modifiche hanno riguardato principalmente tre ambiti:
la semplificazione e l’accelerazione del procedimento amministrativo;
l’introduzione di una nuova ipotesi di ingresso fuori quote, in caso di partecipazione dei lavoratori stranieri a corsi di formazione professionale all’estero;
la previsione di condizioni meno restrittive per l’accesso al procedimento “carta blu” che è oggi aperto anche a lavoratori specializzati privi di un titolo universitario.
La semplificazione e l’ accelerazione del procedimento amministrativo
Molti Paesi europei sono più rapidi dell’Italia nel definire il procedimento amministrativo di ottenimento di un visto di ingresso.
Al fine di ridurre i tempi anche nel nostro Paese e di rispondere così ad un’esigenza più volte manifestata dai datori di lavoro, il legislatore ha semplificato e cercato di rendere più rapido il procedimento.
Tra le varie la modifica più importante è quella che cerca di incidere sul problema dato dalla circostanza che più amministrazioni dovevano dare il proprio assenso per l’ottenimento del nulla osta.
Nel procedimento amministrativo volto all’autorizzazione all’ingresso per lavoro del cittadino straniero, infatti, dovevano necessariamente intervenire, oltre allo Sportello Unico della Prefettura, chiamato a rilasciare il provvedimento autorizzativo, anche la Questura e l’Ispettorato del Lavoro.
La Questura era (ed è) chiamata a verificare che né lo straniero né il datore di lavoro sollevino questioni sotto il profilo della sicurezza (ad esempio, perché condannati per determinati reati o, nel caso dello straniero, perché oggetto di precedenti espulsioni).
L’Ispettorato del lavoro invece era chiamato a verificare i profili giuslavoristici, oltre che la capacità economica del datore di lavoro.
Entrambe tali Amministrazioni, soprattutto in alcune Province, faticavano a esprimere il proprio parere in tempi brevi, con la conseguenza di protrarre i tempi di definizione del procedimento nel suo complesso.
Per superare tali criticità, il legislatore ha in primo luogo previsto che lo Sportello Unico possa rilasciare il nulla osta anche in assenza di parere positivo della Questura decorsi 60 giorni dall’invio dell’istanza; in secondo luogo, ha disposto che il datore di lavoro debba produrre un’asseverazione rilasciata da un consulente del lavoro.
Tale asseverazione consiste nell’attestazione che l’offerta di lavoro è coerente con le previsioni del ccnl applicabile e che il datore di lavoro ha una capacità economica idonea a sostenere il costo del lavoro derivante dall’assunzione proposta. Grazie a tale documento, è possibile eliminare il passaggio relativo alla verifica demandata all’Ispettorato del lavoro che interverrà ora con successivi controlli solo a campione.
Gli ingressi fuori quota in seguito alla partecipazione a corsi di formazione
Una novità interessante è stata poi quella introdotta con la modifica dell’art. 23 del Testo Unico sull’immigrazione, volta ad agevolare l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
Come si è visto, infatti, il decreto flussi funziona per datori di lavoro che già conoscano gli stranieri da assumere, mentre non ha nella pratica mai funzionato come strumento di ricerca e successiva assunzione di lavoratori stranieri residenti all’estero.
Al fine di trovare soluzioni al problema della difficoltà di reperire personale, è stato previsto nel sopra indicato nuovo testo dell’art. 23 del Testo Unico che gli stranieri che partecipino a corsi di formazione professionale organizzati nei Paesi di origine da determinati soggetti proponenti (tra i quali, associazioni datoriali e sindacali, Regioni e Comuni, Enti del terzo settore, Università, imprese di somministrazione) possano poi entrare con il sistema degli ingressi “fuori quota”.
I primi progetti realizzati sembrano indicare che questa nuova via di ingresso per lavoro in Italia possa essere uno strumento utile per i datori di lavoro che non riescano a trovare lavoratori in Italia.
L’estensione dell’ambito di applicazione soggettivo della carta blu
L’ultima novità tra le molte che appare opportuno citare è quella relativa ai lavoratori altamente specializzati.
Con il d.lgs. 18.10.2023, n. 152, di attuazione della direttiva europea 2021/1883/UE, il legislatore italiano ha reso più semplice l’accesso al procedimento per carta blu.
Non potendo entrare in un esame dettagliato delle importanti novità introdotte, si osserva che la modifica più rilevante è quella per cui oggi il possesso di un titolo di studio universitario da parte del lavoratore straniero non è più una condizione necessaria, potendo essere fatta valere anche un’esperienza di almeno cinque anni (che scendono a tre in alcune ipotesi) che risulti “di livello paragonabile ai titoli d’istruzione superiore di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o all’offerta vincolante”.
Opportunità di approfondimento
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Il nostro punto di vista
La difficoltà delle imprese italiane di trovare lavoratori ha spinto il legislatore a semplificare il sistema in materia di ingresso per lavoro degli stranieri e a prevedere nuove ipotesi di ingresso agevolato.
Il sistema però continua a rimanere eccessivamente complesso e da “addetti ai lavori”: anziché prendere atto che il sistema precedente non aveva funzionato e che era necessario abbandonarlo, si è cercato di migliorare il modello esistente.
Una modifica ben più “coraggiosa” avrebbe potuto essere quella di reintrodurre il sistema dell’ingresso per ricerca lavoro che il Testo Unico ha previsto per alcuni anni. Tale sistema aveva il merito di rispondere molto di più a ciò che di norma avviene: per formalizzare un rapporto di lavoro, le due parti del contratto si devono conoscere, incontrare e non devono trovare troppi ostacoli amministrativi sul proprio cammino.
Per concludere: fare ingresso in Italia per lavoro è oggi più semplice, ma la costruzione di un efficiente sistema che agevoli l’incontro tra domanda ed offerta al di là dei confini europei rimane ancora lontana.
Emiliano Pellegrino
Avvocato e Consulente legale di WI LEGAL
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